Abbiamo aperto il 2015 con un editoriale all’insegna dell’attualità del modello Olivetti, un “contributo al dibattito sull’economia, sull’impresa, sulla società”.

Con l’invito ad impegnarci direttamente nel portare la nostra testimonianza, soprattutto “nei confronti dei giovani, che sono da incoraggiare, da stimolare, da valorizzare”.

Ci aspettavamo qualche commento, magari pieno di dubbi sulla opportunità o fattibilità di un nostro intervento sul tema. Invece abbiamo ricevuto per prima una testimonianza positiva, bella e commovente, che vogliamo condividere con tutti i nostri lettori. Una testimonianza “al contrario” in cui un giovane ci parla e noi ci ritroviamo dalla parte degli ascoltatori. Eccola.

La premessa, ovvero il messaggio iniziale

Ciao Mauro,
il figlio undicenne di amici, si è fatto regalare dai genitori una Lettera 32, in vendita a un mercato parrocchiale: ha cominciato a usarla, nonostante sia dotato di iPad, e si è appassionato alla “storia Olivetti”.

Quando a scuola, come compito per le vacanze Natalizie, gli hanno chiesto di scegliere un libro da leggere e commentare, è andato in libreria e ha acquistato
Il coraggio di un sogno Italiano di Roberto Scarpa.

Con il permesso dei genitori, ho pensato di mandarti la relazione che ne è scaturita, in quanto ben fatta, soprattutto tenendo conto dell’età del ragazzino.

Io sono stata colpita in modo particolare proprio dalla scelta fatta da Edoardo: a 11 anni avrebbe potuto scegliere tranquillamente qualcosa di più divertente e meno impegnativo! Altra cosa che mi ha impressionato sono le conclusioni (e la morale!) che trae confrontandosi con la situazione attuale.

Quando gli ho chiesto se la potevo condividere con “Olivettiani” è andato a vedersi il sito e lo ha trovato molto ricco di spunti e interessante. Tu credi che valga la pena di pubblicarlo?

Saluti
Roberta

Cara Robera, ma certo che lo pubblichiamo! (Roberta è una olivettiana; appassionata golfista, ha conosciuto Edoardo sul campo da golf)

Ma chi è il nostro interlocutore?

Edoardo, prima conosciamolo un po’

Nato l’8 maggio 2003, vive a Milano con i genitori, è figlio unico. Edoardo è un ragazzino estremamente estroverso e socievole, particolarmente brillante negli studi. Interessato a tutte le forme di arte e di tecnologia.

Frequenta la classe prima presso una scuola secondaria di I grado statale in Milano. Studia inglese presso il British Council. Nel tempo libero segue un corso pomeridiano di teatro presso la scuola.

Di sua iniziativa (in modo del tutto autonomo) si è iscritto al Fondo Ambiente Italiano. È appassionato di design (adora Le Corbusier) e di cinema (i suoi film preferiti sono “L’attimo fuggente” e “Scoprendo Forrester”). È molto bravo a cucinare.

Quanto agli sport: sa sciare molto bene, nuota, ha dimestichezza con la vela, ma ormai la maggior parte del tempo lo dedica al golf, che sta iniziando a praticare a livello agonistico.

Ragazzi così non sono comuni, ma ce ne sono anche al giorno d’oggi e sono più numerosi di quanto pensiamo. E in ogni caso è da loro che bisogna ripartire.

I ragazzi vanno sempre ascoltati; ma quando ci dicono cose di incisiva verità, ci risvegliano dal nostro torpore e ci convincono, bisogna ascoltarli ancora di più. E proprio grazie a loro non abbandonare la speranza, anzi riprendere lena e slancio. Sono alcune delle famose luci che si vedono in fondo al tunnel.

Il compito delle vacanze di Edoardo

Non ci aspettavamo certamente la fotocopia di un compito scritto a mano con bella calligrafia su un foglio protocollo, ma certamente un file PDF, composto in Courier, giustificato e impaginato a dovere non fa parte dei nostri ricordi scolastici.

Leggetelo con calma, magari due volte come è capitato a noi, senza farvi fuorviare da qualche sintesi troppo ardita sulla tempistica degli eventi (difficile per un ragazzo realizzare che la Olivetti ha avuto quasi 100 anni di storia, almeno tre volte la “vita” che parecchi di noi hanno trascorso in azienda ……).

Lo potete scaricare qui

Il commento dell’autore

Di Roberto Scarpa, autore del libro e dello spettacolo sullo stesso tema, abbiamo parlato nelle nostre Newsletter e sul sito.

Gli abbiamo mandato il lavoro di Edoardo perché ci sembrava più giusto che fosse lui a commentarlo. Ci ha inviato una lettera per Edoardo, che volentieri condividiamo con voi.

Caro Edoardo,
ho letto la recensione che mi hai fatto, con grande piacere e con un pericoloso senso di crescente orgoglio. Tu mi chiederai perché? Te lo spiego subito: il fatto è che quando mi fu chiesto di raccontare la storia di Camillo e Adriano a dei fanciulli (lo stavo infatti già facendo in teatro per un pubblico adulto) esitai a lungo prima di accettare la sfida per via di una grande paura che avevo: quella di non esserne capace, ovviamente, ma ancora di più quella – per me paurosissima – di annoiare qualche sconosciuto e incolpevole ragazzo distraendolo da una delle tante occupazioni migliori che sicuramente sarebbe stato in grado di scovare da solo.

Quello che tu hai scritto perciò, credimi, mi è davvero di grande conforto, ne ho ricavato la sciocca e forse presuntuosa convinzione di aver colto nel segno: essere riuscito a raccontarti la storia e al tempo stesso non averti provocato troppi sbadigli. La noia – sono sicuro che su questo tu ed io siamo d’accordo – è la nostra più pericolosa nemica e quando ammala le relazioni fra grandi e bambini, vecchi e giovani dobbiamo combatterla con tutte le nostre forze su qualsiasi lato della barricata casualmente ci troviamo in conseguenza dell’anno di nascita.

Tu Edoardo, proprio come fanno quei designer che (mi sembra di capire) tanto ti piacciono, cogli l’essenziale di quanto ho scritto. Questo, quello cioè di sapere andare al punto delle cose, è un dono e un talento che non è diffuso e apprezzato quanto dovrebbe e che spero saprai coltivare perché ti sarà utile dovunque, in ogni conversazione e in qualsiasi lavoro deciderai di fare.

C’era però un altro dubbio che mi frullava in mente prima di decidere se raccontarla o non raccontarla questa storia: il fatto che non finisca affatto bene e che possa perciò lasciare nella bocca di chi la ascolta un sapore amaro. Ebbene, su questo punto tu mi hai regalato una grande soddisfazione perché mi dici più di quanto avessi osato sperare, mi dici cioè di avere imparato che “i propri sogni/ progetti se uno ci crede fino in fondo si riescono a realizzare”.

Sono stato sempre e sono anche adesso di questa stessa idea, caro Edoardo.

Adesso la mia più grande gioia sarebbe sapere che in futuro vorrai tu stesso raccontare questa fantastica avventura dell’Olivetti a qualcuno dei tuoi amici. Le storie infatti hanno bisogno di qualcuno che se ne prenda cura, di qualcuno che le adotti e che le mantenga vive: e c’è un solo modo per farlo, raccontarle e riraccontarle, all’infinito. Dovunque, magari per strada.

Non sai infatti quanto mi abbia fatto gioire vedere che hai apprezzato la frase di R. L. Stevenson sul saper imparare dalla strada. Del resto non avrebbe potuto esser diversamente: chi ama Camillo e Adriano Olivetti non può che essere un potenziale amico dell’autore dell’Isola del tesoro.

Ti lascio perciò con qualche riga di questo nostro straordinario maestro e amico:

“… Non c’è dovere che sottovalutiamo di più del dovere di essere felici. Quando siamo felici seminiamo anonimi doni nel mondo, che restano sconosciuti anche a noi stessi o, se rivelati, sorprendono il benefattore più di chiunque altro. L’altro giorno un monello cencioso e scalzo correva per la strada dietro a una biglia, e aveva un’aria così allegegra da mettere di buon umore chiunque lo vedesse… io approvo chi incoraggia i bambini sorridenti piuttosto che quelli piagnucolosi… È meglio incontrare un uomo o una donna felice piuttosto che una banconota da cinque sterline. Lui o lei sono fuochi che irradiano benessere; il loro ingresso in una stanza sembra accendere una candela in più… dimostrano nella pratica il grande Teorema della Vivibilità della Vita…”.

Insomma, grazie Edoardo e speriamo prima o poi di incrociarci e conoscerci.
Buon anno!
Roberto Scarpa

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