Borgolombardo e Pregnana (seconda parte)

Luigi Pistelli, davanti all'oscilloscopio, al collaudo della CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana), 1960

Cominciai, con la supervisione di Luigi Pistelli, un altro “pisano”, la missione di seguire i diversi gruppi di progetto per assicurare orientamenti coerenti. Una delle iniziative di razionalizzazione di cui mi occupai fu ad esempio la definizione di un’interfaccia standard per il collegamento delle unità periferiche ai diversi sistemi in fase di sviluppo.

Dall’Ufficio Sistemi venni in contatto con un altro settore dei Laboratori, affidato a Piergiorgio Perotto, che aveva un interesse particolare per la casa madre di Ivrea, essendo stato orientato da Perotto stesso non verso i calcolatori medio-grandi ma verso il calcolo da tavolo, il trattamento dei dati nell’ufficio e l’automazione delle filiali bancarie. Questo settore aveva realizzato le fatturatrici ottenute combinando un moltiplicatore elettronico (UME) con le contabili meccaniche Audit, progettava terminali come il TC380 ottenuti associando una unità elettronica programmabile ad una telescrivente, e soprattutto comprendeva un gruppo che stava creando la Programma 101, calcolatrice programmabile da tavolo che annunciata nel 1965 avrebbe segnato una pietra miliare nella storia dell’informatica, essendo la prima macchina al mondo a meritare la definizione di Personal Computer.

Perotto, assieme ai progettisti della P101 Giovanni De Sandre e Gastone Garziera, aveva scelto per ragioni di economia, come memoria interna della P101, una linea di ritardo magnetostrittiva, un semplice filo di acciaio vettore della trasmissione sonica, in alcuni millisecondi, di un treno di impulsi rappresentanti un migliaio di bit.

La memoria magnetostrittiva della Programma 101 (da www.computerhistory.it)

Per la P101 questa scelta si era rivelata felice, e quindi la stessa tecnologia di memoria era stata adottata per altri progetti, tra cui quello, condotto da un altro gruppo, di un elaboratore di maggiori dimensioni denominato “35 elettronica”. Per raggiungere la capacità di memoria desiderata senza prolungare eccessivamente i tempi di accesso era stato però deciso di utilizzare nella 35 quattro linee magnetostrittive in parallelo.

Inviato in missione dall’Ufficio Sistemi a fare quella che più tardi sarebbe stata denominata una independent review del progetto 35, mi resi subito conto che il progetto si era imbattuto in gravi difficoltà. La sincronizzazione tra quattro linee era estremamente instabile e richiedeva tarature giornaliere; inoltre per far fronte a tale sincronizzazione ed al trattamento al volo dei dati emessi da quattro linee diverse era stata costruita una logica complessa, ormai arrivata oltre 1.800 gate NOR, quindi altrettanti transistor. Il costo complessivo di questa struttura logica aveva già superato di conseguenza il costo di una memoria a nuclei, come ad esempio quella di 4K già in uso nell’elaboratore Elea 4001, che presentava una capacità superiore e un tempo di accesso enormemente inferiore rispetto alle linee magnetostrittive.

Constatato questo, proposi a Fubini un progetto di fattibilità per una soluzione alternativa, e con la stessa apertura che ho sottolineato prima mi fu concesso di svilupparlo personalmente, in totale autonomia. Nel giro di circa un mese emerse l’impostazione della “4035”, che con circa 730 transistor iniziali (oltre ad una matrice di memoria RAM a nuclei) svolgeva la funzione di unità centrale e controllo di una stampante parallela. Attraverso la scelta di un set di istruzioni semplificato (la moltiplicazione era ottenuta con un programmino) mi era stato possibile realizzare una logica di controllo di sequenza molto economica senza ricorrere ad una memoria ROM di microprogrammi; le operazioni venivano quindi svolte entro il tempo degli accessi alla RAM strettamente necessari.

Nei test complessivi la nuova soluzione superava per più di un ordine di grandezza la velocità della 35. La velocità disponibile era anche sfruttata per controllare due operazioni di input-output simultanee, gestite sdoppiando la logica di sequenza dell’unità centrale in modo da farle seguire due attività tra loro asincrone. Per dare un’idea dell’attenzione all’economia (che oggi, con miliardi di transistor su un chip, fa sorridere), tutta la logica di priorità e di interlacciamento tra le due operazioni simultanee comprendeva sei NOR, una configurazione così ottimizzata che decidemmo di farla brevettare.

Le strutture dei dati della 4035 erano state inoltre definite in coerenza con l’architettura byte-oriented della serie 360 IBM, nel frattempo annunciata e subito adottata da noi e da gran parte del mercato come una “bibbia”.

Il progetto esecutivo dell’Elea 4035 fu fatto partire immediatamente, ma proprio mentre arrivava alla traduzione in piastrine e cablaggi cominciò una ben più severa revisione di tutte le iniziative in corso a Pregnana: quella svolta dai rappresentanti della General Electric che stava acquisendo dalla Olivetti i Laboratori.

I progetti in corso vennero raffrontati con le specifiche che la GE aveva approntato per la gamma di prodotti che intendeva collocare sul mercato. L’esame ebbe risultato negativo per tutti i progetti in corso, salvo una possibilità emersa per la 4035. Quest’ultima si avvicinava infatti, come costi e prestazioni, alle specifiche GE di una macchina denominata Triad, in realtà non un elaboratore ma un terminale batch, cioè un’unità (analoga a prodotti simili della IBM e della Univac) destinata solo a ricevere dati da linea telefonica per stamparli ed a leggere schede perforate per trasmettere i loro dati in linea.

Partìmmo ventre a terra per collegare al 4035 un governo linea e per mettere a punto le sovrapposizioni della linea con gli altri input-output, dato che un messaggio trasmesso in linea doveva poter corrispondere a più righe stampate o più schede lette, quindi la sovrapposizione “una a una” tra due operazioni elementari di input output non era più sufficiente: dovevamo sovrapporle “una a n”. In pochi giorni raggiungemmo l’obiettivo e la GE riconobbe che il risultato non solo soddisfaceva le specifiche Triad, ma con le sue caratteristiche di elaboratore general purpose aveva una prospettiva di mercato molto più ampia.

Pubblicità dell'epoca per l'ELEA 4-115

La 4035 fu ribattezzata Olivetti General Electric (OGE) Elea 4-115 e successivamente, con l’uscita della Olivetti dalla joint venture con la GE, semplicemente GE 115. L’industrializzazione coinvolse tante persone che mi è qui impossibile ricordarle tutte; menzionerò solo che, in considerazione della mia ancora limitatissima esperienza manageriale, la guida del gruppo per gli aspetti organizzativi fu affidata al più maturo Gianvittorio Lugari. Ricordo anche un lavoro fondamentale del collega Umberto Dolazza, che dimostrò la possibilità di migliorare le prestazioni del 115 passando dal dimensionamento temporale di caso pessimo ad un dimensionamento accuratamente definito in modo statistico: il ciclo di memoria poté così essere ridotto, semplicemente tarando le temporizzazioni, da 10 a 5,5 microsecondi. Il 115 fu lanciato nel ‘65 e restò il prodotto base di Pregnana per un decennio.

Nell’ambito del gruppo internazionale GE, di cui faceva parte oltre alla OGE anche la Bull General Electric, partì presto l’iniziativa per creare una linea di elaboratori (Linea 100) destinata a riempire tutta la fascia al di sopra del 115 e al di sotto dei GE 400 e 600 realizzati in USA. In una serie di incontri definimmo con i colleghi francesi un’architettura compatibile verso l’alto a partire dal 115; riuscii a convincerli che la compatibilità era impostabile come estensione propria del set di istruzioni 115, senza penalizzare idee e obiettivi da loro già definiti in precedenza per un elaboratore di classe media detto 140. La linea così impostata comprendeva, oltre al 115 (che subì anche un ridisegno esterno detto New Line ed un downgrade commerciale detto 105), un nuovo elaboratore affidato a Pregnana detto 130 (in downgrade anche 120) e nella parte alta il 140 della Bull, che però per ragioni che non conosco fu abbandonato prima dell’industrializzazione.

Nel ‘66 e nei primi mesi del ‘67 il mio lavoro in OGE fu proprio l’impostazione logica del 130, che utilizzava i primi circuiti integrati MSI da 16 flip-flop su un chip, utilizzati per costruire un set di registri anticipando una tecnica successivamente battezzata “bit-slice”.

Passai poi il testimone a Soverini e Collina che completarono e ingegnerizzarono la macchina mentre, assieme ad altri colleghi, io seguivo il richiamo della Olivetti che ci voleva ad Ivrea per collaborare ad un nuovo, effettivo passaggio all’elettronica, dopo quello interrotto dalla cessione dei Laboratori, avvenuta sotto la pressione dei finanziatori IMI-Fiat e nella totale indifferenza della classe politica italiana.

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Ma prima di passare al successivo capitolo della mia storia personale ritengo doveroso inserire alcuni commenti sugli effetti della vendita della Divisione Elettronica. Molte testimonianze pubblicate sulla storia dell’Olivetti identificano infatti praticamente questa vendita con l’uscita dell’azienda dal settore informatico. Ma si tratta di interpretazioni semplicistiche: con quella cessione in effetti l’informatica dell’Olivetti e quella italiana subirono un cambio di orientamento, ma non finirono affatto, anzi presto ripresero ad espandersi.

Altri cambiamenti di orientamento erano avvenuti del resto già in precedenza. Facendo un excursus indietro nel tempo, la Divisione Elettronica Olivetti si era avventurata verso la metà degli anni ’50 nell’area dei grandi elaboratori con gli Elea 9000, sotto la spinta di personaggi geniali come Mario Tchou ed i suoi primi collaboratori di Pisa e Barbaricina, che mirando verso prodotti al top della tecnologia e del mercato avevano reso materialmente realizzabili le aspirazioni avveniristiche di Adriano Olivetti; queste già prima avevano portato ad iniziative come la joint venture commerciale Olivetti-Bull, ma tendevano irresistibilmente verso sviluppi di tipo tecnologico e industriale.

Già verso la fine degli anni ’50 era poi iniziato, in base ad una visione realistica del mercato aggredibile, un orientamento dei progetti della Divisione verso prodotti più vicini al mercato e all’esperienza tradizionale della Olivetti, cioè elaboratori di taglia inferiore (come gli Elea 6001 e 4001) e prodotti per l’automazione dell’ufficio del settore di Perotto. Verso la fine del ’62, scomparsi Adriano Olivetti e Mario Tchou e abbandonato a livello di prototipo l’Elea 9104, tutte le attività di progetto della Divisione ricadevano ormai in queste fasce.

La cessione dei Laboratori alla GE nel 1964 comportò quindi, dopo l’abbandono già avvenuto dei grandi elaboratori, la rinuncia dell’Olivetti a quelli medi, che peraltro come si è visto ebbero una continuazione di successo nella serie GE 100.

Restarono però all’Olivetti altre attività dei Laboratori di Ricerche Elettroniche, ovvero il settore di Perotto, il quale dimostrò ancora una volta, promuovendo personalmente questo distacco, la sua visione strategica.

La stampante dell'Elea 9003 dell'ITIS di Bibbiena, tuttora operativa

Venne conservata anche buona parte dei gruppi che sviluppavano stampanti, unità di trattamento documenti e memorie magnetiche, situati nello stabilimento di Caluso, in particolare quelli affidati a Gianluigi Ponzano. Rimase infine un gruppo che si occupava di macchine utensili e controlli elettronici delle stesse (la OMO), già configurato come un’entità autonoma (la OMO, Officina Meccanica Olivetti), che avrebbe dato luogo in seguito alla società controllata Olivetti Controllo Numerico, OCN. (ndr: per leggere i ricordi di Beppe Calogero sulla OCN fare click qui)

Su queste unità, oltre a qualcuna minore già esistente ad Ivrea, la Olivetti si basò per continuare a giocare un ruolo nel mondo della piccola-media informatica, ruolo che si è sviluppato per oltre due decenni successivi.

Inquadriamo quindi la situazione nell’ultima parte degli anni ’60: l’Olivetti realizzava ancora la maggior parte del fatturato con prodotti elettromeccanici, come le macchine per scrivere e le calcolatrici scriventi che tutti conoscono. Ad essi si erano gradualmente affiancati altri prodotti basati su tecnologie simili, quali le telescriventi e le macchine contabili. Queste ultime, attraverso la generazione di bande perforate, potevano inserirsi quali unità di raccolta dati alla periferia dei sistemi informativi sempre più presenti nelle aziende di medie dimensioni.

L’Olivetti trattava inoltre, come parte integrante anche se non prevalente dell’offerta di prodotti per l’automazione d’ufficio, le unità elettroniche realizzate dal settore di Perotto. Quindi anche se l’esperienza degli elaboratori Elea era chiusa, la presenza dell’Olivetti nel settore informatico restava significativa, benché concentrata essenzialmente nella fascia bassa.

Subito dopo la cessione della Divisione Elettronica, a Ivrea si cominciò poi ad operare energicamente per ampliare di nuovo le capacità di sviluppo nell’elettronica e nel software. Il gruppo di Perotto venne trasferito inizialmente per continuare la sua attività da Pregnana ad un laboratorio nel centro di Milano, in via Camperio, non lontano dalla sede storica milanese Olivetti di via Clerici.

Non solo il personale di questo gruppo, ma anche quello rimasto nella OGE (verso la quale, con l’uscita successiva dalla joint venture, cessò ogni vincolo per l’Olivetti), fu inoltre oggetto di un’attrazione assidua verso Ivrea, dove nel frattempo si era costituito il gruppo unificato di Ricerca e Sviluppo (R&S) sotto la direzione dello stesso Perotto.

Riepilogando, l’esperienza della Divisione Elettronica Olivetti è stata trasmessa e si è sviluppata, dopo la cessione, in due filoni, quello GE (prima come OGE, poi GE Information Systems Italia, poi Honeywell e Bull Italia, attraverso passaggi avvenuti con sostanziale continuità di risorse umane) e quello Olivetti. Il vero declino di entrambi i filoni è iniziato solo quasi trent’anni dopo, negli anni ’90; ci ritorneremo, per quel che riguarda l’Olivetti, nella parte finale di questa nota.

segue

Letture e approfondimenti

Avevamo la luna
L’italia del miracolo sfiorato, vista cinquant’anni dopo
Michele Mezza – Giornalista RAI
Donzelli Editore – 2013 – ISBN 9788860368607
(sul sito interviste sulla Olivetti a Franco Ferrarotti e Elserino Piol)

Breve cronistoria dei primi calcolatori Olivetti
Giovanni A. Cignoni
Dipartimento di Informatica, Università di Pisa
Marzo 2012

Qui Olivetti ELEA, 1961
Renato Betti
Centro PRISTEM dell’Università “Bocconi” di Milano

Wikipedia: Olivetti Elea

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