di Gianni Di Quattro

Anche in Olivetti, certo anche nell’azienda che molti di noi amano non solo perché ci hanno lavorato bene e conosciuto tanti amici, ma anche perché l’hanno apprezzata e perché ne hanno capito i valori su cui era nata e quale visione ha guidato Adriano Olivetti, il figlio del fondatore. Un personaggio che è riuscito grazie alla Olivetti e attorno alla stessa a costruire una ipotesi sociale, una idea di capitalismo solidale, una catena di valori per la crescita della dignità dell’uomo attraverso il rispetto, il lavoro, la conoscenza. Un uomo che ha capito il valore morale e sociale della bellezza e non solo quello estetico, è riuscito a far capire come la moralità, l’impegno, la cultura aiutano l’uomo ad evolvere e come l’impresa deve farsi carico di aiutare e se possibile favorire questo processo, con un particolare riguardo verso il territorio in cui è nata e vive.

Ma dicevamo non è tutto oro. Anche in questi straordinari processi, anche in queste fantastiche situazioni umane e professionali e sociali si possono annidare brutte cose, brutte persone, vizi forti e cattiverie umane.

Io devo dirlo, lo ammetto, ho conosciuto in Olivetti gente che a mio modo di vedere non era degna di rappresentare i valori della stessa, pur avendo raggiunto posizioni di vertice di grande rilievo.

Ricordo un manager che, arrivato a capo di una consociata importante, nella prima riunione dei suoi direttori in cui si discutevano i problemi sul tappeto incluso quelli del personale, dei collaboratori, dichiarò che a lui della felicità del personale non gliene importava. Lo stesso che discutendo un budget, quando diventato capo area di fronte ad un direttore che cercava di spiegare il suo pensiero e il modo con il quale aveva interpretato il mercato e costruito il budget, lo guardava freddo diritto negli occhi dicendo “non ci credo”.

Ecco un personaggio che, al di là dei suoi valori e della sua utilità aziendale, Adriano Olivetti avrebbe cacciato e anche in malo modo.

Ma di queste persone ce ne erano anche in Olivetti; mai, in nessun luogo e in nessuna occasione, è tutto oro quello che luce. Sotto l’oro ci sono anche dei pezzi di ferro. Per fortuna erano queste persone una minoranza e comunque è bello pensare che le loro carriere si sono svolte quasi tutte dopo la morte di Adriano.

 

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