La fine dell’anno è solitamente il momento in cui ciascuno di noi fa delle riflessioni su quanto accaduto nell’anno che se ne va e sulle speranze di quello che sta per arrivare. Lo si fa sempre, lo si è sempre fatto, anche da ragazzini lo si faceva, pieni di voglia di futuro, pensando alla vita e sognando bellezze, avventure, storie. Poi, per molti di noi la vita è passata con grande velocità, ma il rito delle riflessioni di fine anno si è sempre ripetuto. Adesso da anziani, da diversamente giovani per non usare la parola vecchi, le riflessioni sono tuttavia più che altro nostalgie, qualche rimpianto, un volere cercare il perché degli errori, mentre le speranze per il futuro si assottigliano, scompaiono lentamente nella incertezza e per qualcuno anche nella paura.

Alcuni di noi sono rimasti soli, altri hanno ancora la fortuna di vivere con la persona con la quale si è costruita gran parte della propria vita, con la quale si sono costruite le relazioni con la vita stessa, con le persone, con le idee. Per tutti c’è un senso di solitudine perché a prescindere si avverte che ci si allontana da tutto, dalla società, dalle cose, dagli impegni professionali, per andare solo verso quelli fisici, per occuparsi della salute, per sorvegliare i sintomi, per monitorare gli andamenti. Come una volta si faceva del mercato, dei progetti, delle strutture, delle risorse, degli altri.

Ma rimangono gli amici. È grazie a loro che, soprattutto in questa fase della nostra esistenza, apprezziamo di più la vita e il senso della umanità. Perché i nostri amici lo sono perché lo sentono; non abbiamo fini o pensieri reconditi, non ci interessa la relazione per passare il tempo o per avere qualche aiuto, ci interessa solo il calore della amicizia, forse il più bello dei sentimenti di cui l’uomo può essere capace e di cui può approfittare.

Chi ha lavorato alla Olivetti, chi soprattutto ci ha lavorato per tanti anni, sa come l’ambiente di questa splendida azienda, soprattutto sino a quando c’era Adriano e sino a quando hanno consentito di mantenere al vertice il figlio Roberto, favoriva i rapporti, le conoscenze, gli scambi, il piacere di condividere amicizie.

Poi certo molte amicizie si sono perse perché ciascuno nel proprio percorso è stato preso dalla vita, cioè lavoro, famiglia, relazioni, interessi, ambienti. Ora, in un periodo di calma quando si sono annacquati tanti impegni, quando la vita ci spinge verso i margini, quando i nostri pensieri si collegano sempre più al proprio passato, ecco ora amici che parevano dimenticati riemergono e si capisce che i sentimenti di una volta sono rimasti intatti, che erano veri e profondi, che erano maturati in contesti sociali, culturali e umani di valore.

Per essere sinceri tutto questo è valido per tutti a prescindere dall’azienda in cui si è lavorato e vissuto. Ma noi abbiamo la pretesa o se volete l’illusione di credere che le imprese più umane, più aperte, più attente aiutino di più il ritrovamento di vecchie amicizie, il consolidamento di quelle che sembravano tiepide, l’allacciamento di nuove che nascono magari dalla scoperta di avere in comune cose che non si pensava di avere o che non si pensava fossero importanti. Perché queste belle imprese danno anche sensibilità e cultura, non solo lavoro e retribuzioni. È così che nascono di più le amicizie.

Non so se quello che diciamo ha un senso, ma abbiamo cercato di mettere insieme le cose che hanno avuto la più grande importanza nella vita e cioè la bellezza dell’azienda in cui abbiamo lavorato e le amicizie. Queste cose ci scaldano il cuore e non ci fanno sentire soli, neanche in questo Natale invaso da una brutta pandemia.

Un abbraccio a tutti gli amici …. continuiamo a stare insieme, è sempre davvero stato bello!

Gianni, con Andrea, Luca, Mauro, Ugo e Vittorio

 

 

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