di Gianni Di Quattro

La Olivetti è stato un fenomeno industriale del secolo scorso nel nostro paese e nel mondo. Adriano Olivetti, che ricevette il testimone aziendale dal padre Camillo il fondatore, aveva una sua visione del mondo, aveva valori, fece di Olivetti una azienda innovativa, bella, colta, con grande attenzione alla gente che vi lavorava, impegnata nei prodotti e nei mercati, nel paese ed a livello internazionale. Ha prodotto una cultura, ha stravolto il modo di fare impresa, ha spiegato l’importanza del rapporto umano e sociale con il territorio. L’attenzione nella ricerca di talenti, di intelligenze da inserire nei vari ruoli della impresa ovunque era fortissima, per questo Adriano aveva voluto un forte ufficio del personale, direzione delle risorse umane come lui lo definì nell’organigramma aziendale, e lui stesso dedicava a questa attività buona parte del suo tempo e delle sue energie professionali.

Pensava ad una azienda diversa, ad un qualche cosa che non doveva solo servire a fare soldi per conto degli azionisti, ma anche che potesse rappresentare un esempio di come l’uomo può vivere una comunità, può intraprendere, può non perdere di vista i valori della solidarietà e dello sviluppo di tutti insieme. Il valore che forse lo ha guidato più di tutti è quello della bellezza, il bello come vero strumento di riscatto dell’uomo era un suo modo di vedere la produzione di qualsiasi cosa. Il bello delle officine (luminose e con tanta luce e con la vista delle montagne innevate), dei prodotti, degli uffici, della documentazione di presentazione, in tutto cioè quello che riguardava l’impresa e la gente che vi lavorava, i clienti che usavano i suoi prodotti, le persone che con essa si relazionavano a qualsiasi titolo. Per questo molti pensatori del secolo scorso sono stati assunti, finanziati, sponsorizzati, aiutati dalla Olivetti, per questo si facevano le biblioteche nelle fabbriche, si organizzavano incontri e dibattiti, si distribuivano biglietti per assistere a spettacoli e concerti.

Adriano pensava anche al futuro, cercava di investire per potere garantire alla Olivetti un percorso nell’interesse di tutti. Così si spiega l’investimento nella elettronica (in questo caso il consiglio di Enrico Fermi fu determinante) e nella Underwood americana. Nel primo caso era certo che la meccanica era inevitabilmente proiettata verso la elettronica, nel secondo caso credeva che una azienda di tipo tecnologico doveva essere anche in America pur non perdendo mai le radici con il suo territorio e la storia dello sviluppo della tecnologia ha dimostrato negli anni la correttezza della sua visione. Certo la Underwood forse non era la migliore porta di entrata, fu criticato per questo, chi prese in mano l’azienda dopo di lui ne approfittò per svendere l’elettronica, un patrimonio incredibile di business, di cultura, di progetti accumulato in appena dieci anni di vita.

Purtroppo Adriano morì prematuramente, in mezzo al percorso straordinario che aveva iniziato e la storia della azienda cambiò, molto drasticamente nella fase successiva e definitivamente in quella successiva ancora che è quella che la ha accompagnata alla fine.

Nei momenti di maggior impegno e nel pieno delle attività dovunque in Olivetti c’era dunque gente interessante, intelligente, colta, a volte strana e l’ambiente favoriva storie. Storie su cui quasi sempre ci si costruivano amicizie o si rafforzavano amicizie, storie che val la pena ricordare, almeno alcune di esse insieme ai personaggi che le hanno animate. Un ambiente dove tutto era possibile, dove convivevano professionalità, successo e fantasia come può capitare molto spesso alla gente di talento.

Adesso ogni tanto molti reduci di questa storia, si incontrano, ricordano, si ricordano reciprocamente, mettono insieme momenti della propria vita con una valutazione distaccata dell’ambiente che li ha visti protagonisti.  Ci siamo incontrati recentemente ed è stato bello, anche se eravamo meno del solito per paura, per la scomparsa di molti di noi, per le condizioni in cui molti di noi si trovano, per la pigrizia sociale in cui è facile piombare ad una certa età. È comunque bello vederci, sapere che le amicizie nate quando camminavamo spediti erano vere, non sono morte e tutti le portiamo nel cuore.

 

 

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