Gianni Di Quattro ricorda il collega ed amico Mario Becchi, recentemente scomparso negli USA                                         

Ci siamo conosciuti quando è arrivato alla Olivetti. Era in Italsider a Genova, la sua città anche se era nato a Pietra Ligure, aveva una posizione interessante nella sua azienda, aveva un capo che stimava, ha lasciato tuttavia lo stesso l’azienda che vedeva sempre più ingarbugliata, ma soprattutto perchè era felice di accettare una nuova sfida, quello che la Olivetti gli proponeva. Affrontare la vita, sfidarla sempre, è stata la sua prerogativa principale, conseguenza della sua intelligenza e del suo amore per la ricerca del meglio, del nuovo, del più conveniente (un po’ di spirito ligure lo ha sempre conservato). Per questo ha cambiato nel suo percorso, anche più volte, azienda, casa, luogo di vita, sino quando ha deciso di andare a vivere negli Stati Uniti, pur mantenendo un aggancio in Italia e però cambiando anche quello. Era il suo modo di non rinnegare il passato e andare verso il futuro, di non abbandonare la dolcezza latina pur abbracciando la razionalità anglosassone che gli era congeniale. Il suo modo di ragionare era molto stringente, amava la logica di cui era un grande sacerdote e questo lo portava a non sopportare le stupidità, l’ignoranza, soprattutto la presunzione. La conseguenza è che aveva molti estimatori, ma c’erano anche persone che lo guardavano con timore proprio perché temevano sempre di rimanere intrappolate nella logica in cui poteva farle precipitare.

La nostra amicizia, dunque, è durata tanti decenni, nei quali abbiamo condiviso aspetti professionali, valutazioni, speranze, conoscenze, occasioni ed amicizie. Durante questo periodo tanti sarebbero gli episodi da ricordare, di quando entrambi eravamo impegnati al lancio dei primi prodotti on line (lui per tutto il mondo, io per l’Italia), quando con Elserino Piol e Marisa Bellisario siamo andati a presentare (ma sarebbe meglio dire inventare) i terminali on line collegati ai telai (qualcuno ricorda i vecchi RP?) al Conte Giannino Marzotto a Valdagno, quando lui curava il Credito Italiano e io il Banco di Roma perché i due capi (Ippolito e Viesi, chi li ricorda?) non volevano che lo stesso rappresentante curasse entrambi e volevano che tra noi non ci si parlasse, quando andavo a trovarlo in Svezia per il sistema informativo (sono orgoglioso di essere stato il padrino di suo figlio Matteo, nato appunto in quel paese).

Non si può dire tutto, si può solo dire che la nostra amicizia ha avuto tante occasioni di stare insieme, di confrontarci, di cementare i nostri sentimenti che, non casualmente, anche adesso, quando ormai eravamo fuori dalla società attiva e lontani fisicamente, trovavamo sempre il modo di stare in contatto, di scambiarci informazioni e punti di vista, di vederci sempre quando lui veniva nel bel paese, cosa che faceva regolarmente ogni anno finchè il covid non lo ha proibito.

La perdita di un amico come Mario è dolorosa, è un pezzo di vita che quasi scompare, è un vuoto che lascia per il futuro. Mi rimane il ricordo di una bella umanità, di una amicizia intelligente, di un percorso pieno di emozioni reciproche e di bellezza. Ciao Mario come sempre per sempre.

 

 

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