di Gianni Di Quattro

Ero in Sicilia tanti anni fa con mia moglie come ero solito fare tutte le estati quando sentivo di farcela, quando ancora avevo punti importanti di riferimento, quando ancora non riuscivo a stare un anno intero senza vedere quella luce, senza respirare quell’aria, senza vedere quei panorami, quelli del mio paese fatti di muretti che dividono le tenute, di alberi di carrubbo, di olivo e di mandorlo, del profumo che si sentiva girando per quelle campagne soprattutto verso il tramonto. Oggi quasi tutto trasformato in serre per la coltivazione di prodotti ortofrutticoli che si producono più volte l’anno e che sono esportati nei ricchi mercati del Nord ed europei, serre che hanno cambiato quei luoghi, certamente li hanno resi più ricchi insieme al turismo e al fattore promozionale del commissario Montalbano, ma li hanno profondamente cambiati. Per uno come me, romantico e molto sentimentale, è un dispiacere, un forte dispiacere. Naturalmente c’era il cibo molto tradizionale allora, pieno di colore, di sapore dove gli ingredienti principali erano prima di tutto il pomodoro e poi gli odori, le melanzane, l’olio forte, il formaggio ragusano, la frutta dal sapore antico come i fichi e le susine.

Bartolo Brossa al raduno olivettiani del 2019

Mentre io e mia moglie eravamo in questo che io, soprattutto a causa della nostalgia, considero un paradiso, mi ha telefonato un amico che era pure in Sicilia e che stava girando con sua moglie Lucia al caldo di quell’agosto infuocato. Era Bartolo Brossa.

Bartolo era un collega che conoscevo da sempre quasi, abbiamo fatto molto lavoro insieme a Torino, in Spagna, ad Ivrea, in Norvegia dove lui è stato per un po’, e quando l’azienda è finita, quando noi ci siamo messi a riposo entrambi, prima tentando di fare qualcosa ognuno per conto proprio e poi deponendo le armi arrendendoci all’età e al mondo di oggi, sempre tuttavia rimanendo in contatto e incontrandoci anche se negli ultimi tempi non molto spesso ma sempre.

Ci siamo dati dunque appuntamento in un ristorantino sul mare ad Acicastello alla periferia di Catania. È stato un momento molto gradevole, perché ci siamo raccontati come stavano andando le vacanze, le cose viste e i progetti, abbiamo ricordato episodi ed amici, mentre mangiavamo cose buonissime innaffiate da un bianco straordinario. Non dimentico quel pranzo, quell’incontro, quel momento.

Adesso Bartolo se ne è andato anche lui come molti amici, che stanno diventando molto numerosi e di cui personalmente avverto profondamente la mancanza, sento che alcuni pezzi di vita mi sono stati asportati, mi giro tra i miei sentimenti come in un labirinto dove tutto sta diventando grigio, stanno togliendo le porte. Lo so che anche la mia strada è diventata corta, il fatto è che sta diventando anche triste. Io ripenso spesso ai miei amici, alle persone della mia vita anche se non ci sono più, perché sono loro che l’hanno colorata, l’hanno riempita e a cui devo molto e questi sentimenti non si cancellano. Aiutano anzi a vivere, a essere consapevoli della umanità che ha riempito la mia vita.

 

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